Colore e/è narrazione
L’innovazione ci ha fornito gli strumenti per alterare il racconto dei film attraverso il colore
Quante volte facendo zapping da un film a un altro, o guardando vari trailer in poco tempo, abbiamo avuto la sensazione che certi film fossero di un colore più chiaro, più scuro, più tendente al giallo, più al blu di altri? Quante volte abbiamo visto i filtri Instagram in azione, quante foto abbiamo convertito in un mood molto ‘polaroid anni ’70’? È un caso se quei filtri abbiano spopolato sui social negli ultimi anni? Una semplice moda? Come mai certe scene di film, anche se mute, riescono a darci sensazioni precise sul loro genere cinematografico? Il cinema è un’arte giovane se la confrontiamo con la millenaria pittura, ma ha avuto la fortuna di nascere agli albori del “secolo breve”, e questo ha comportato che la sua crescita sia stata repentina come quella della tecnologia che ha avuto attorno. Dalle prime cineprese in pellicola alle moderne camere digitali in Ultra HD, la settima arte ha potuto raccontare gli ultimi centocinquant’anni cambiando i mezzi della ripresa man mano che venivano inventati, perfezionati, abbandonati. La storia del cinema è, quindi, la storia della modernità, perché i mezzi con cui sono stati girati i film sono stati espressione dell’epoca in cui venivano pensati ed usati. La narrazione filmica è figlia anche di una evoluzione tecnologica che ha permesso anno per anno soluzioni visive impensabili poco tempo prima. La gestione del colore di un film non è ridotta al semplice passaggio dal bianco e nero al Technicolor. In verità, c’è una gestione nascosta, impalpabile ma avvertibile a livello subliminale che contribuisce al racconto esattamente come contribuiscono le scelte di regia, fotografia e recitazione. La color correction è nata essenzialmente per correggere difetti e imprecisioni della ripresa, ma ormai è diventata mezzo espressivo in mano ai registi sotto forma di color grading. Tra l’una e l’altra c’è stata l’innovazione che, semplificando i processi, ha fatto sì che le possibilità diventassero infinite e sopratutto praticabili. Il confine tra color correction ed effetto speciale visivo (o VFX) è labile. Se a quest’ultimo è affidato il compito di stupire, spaventare, affascinare, mostrandoci città del futuro o del passato, mostri e creature fantastiche o astronavi realistiche, alla color correction viene chiesto di dare una confezione discreta ma decisa al film. Per azzardare una metafora, se il film fosse una donna che va a un ricevimento, l’effetto visivo è l’abito da sera, la color correction è il profumo. La color correction è molto più presente di quanto immaginiamo. C’era già negli anni in cui si girava Lawrence d’Arabia e le scene notturne, costose su più aspetti, venivano girate di giorno con una gelatina azzurra davanti alla cinepresa.![[cml_media_alt id='3373']Lawrence d'Arabia - Color correction[/cml_media_alt]](http://www.arsetinventio.com/wordpress/wp-content/uploads/2016/02/lawrence-arabia.jpg)
Lawrence d’Arabia (1962)
![[cml_media_alt id='3374']Matrix - Color grading[/cml_media_alt]](http://www.arsetinventio.com/wordpress/wp-content/uploads/2016/02/matrix.jpg)
The Matrix (1999)
![[cml_media_alt id='3375']Wes Anderson - Palette[/cml_media_alt]](http://www.arsetinventio.com/wordpress/wp-content/uploads/2016/02/wes-anderson.palette.jpg)
Le palette dei colori dei film di Wes Anderson
Per restare aggiornato sui prossimi articoli, iscriviti alla newsletter.
Riferimenti:
http://moviesincolor.com/
http://evanerichards.com/2011/2120
https://prezi.com/r1qwmt5vorc4/color-correction-in-amelie/
https://raffalph.wordpress.com/2014/06/25/color-correction/
No Comments